Danze di guerra – Sherman Alexie

Danze di guerra – Sherman Alexie

Ciclicamente – quando si torna alla routine quotidiana dopo le vacanze, all’inizio dell’anno, quando si avvicina il nostro compleanno… – facciamo buoni propositi e ci poniamo domande sul senso della vita, la nostra vita, sul nostro lavoro, la qualità delle nostre giornate… E di domande, anche in questo libro, ne troverete parecchie. Domande ma anche poesie e racconti.

Senza utilizzare le parole “bravo” o “uomo”, può cortesemente spiegare che cosa significa essere un brav’uomo?

Per esempio domande sul successo come ci trasforma e altera, e alle volte corrompe. Sull’amore e i suoi tranelli (per esempio il tradimento, che però forse non è neppure un tranello ma è connaturato con l’amore stesso), sulla famiglia, sulle abitudini e i piccoli dettagli che costituiscono la nostra quotidianità (e perciò immensi perché costituiscono la materia della nostra vita), l’omofobia, l’amicizia… e poi c’è spazio al tema razziale.

Perché l’autore, Sherman Alexie, ha spesso raccontato le tribù indiane del Nordamerica, le loro tradizioni e la vita all’interno delle riserve. E qui ci regala un po’ di racconti sugli stereotipi che circolano sugli indiani. E abbattere gli stereotipi è sempre un lavoro particolarmente gustoso (oltre che utile!).

Sapevo che il canto non gli avrebbe ridato i piedi. Non gli avrebbe riparato la vescica, né i reni, né i polmoni, né il cuore. Quel canto non avrebbe impedito a mio padre di scolarsi una bottiglia di vodka non appena fosse stato in grado di stare seduto sul letto. Quel canto non avrebbe sconfitto la morte. No, pensai, è un canto temporaneo, ma in questo momento temporaneo è abbastanza.

E gustoso è leggere queste storie che non prendono mai la direzione più semplice ma scelgono, sempre, una strada un poco più buia e accidentata, strappano sorrisi un po’ amari, accostano temi alti e atavici con questioni piccole ma puntano, sempre, in una direzione: l’essere umano. Noi. Cosa ci passa per la testa e per il cuore. Cosa ci accade quando dobbiamo vedercela con qualcosa di più grande, qualcosa che no, non dipende da noi.

Cosa succede a uno scrittore che non scrive?

È un libro per riprenderci il tempo, per darci un altro ritmo. Un ritmo che ci permetta di andare a fondo delle questioni e anche di noi stessi. Pur sapendo che il fondo non esiste, è una discesa continua e richiede impegno.

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