Scriviamoci su! Quando la community scrive su Instagram

Scriviamoci su! Quando la community scrive su Instagram

Un piccolo gioco di scrittura collettiva sui social per farsi leggere e per imparare la cosa più difficile: dialogare sui propri testi e su quelli degli altri.

“Giochiamo? Facciamo un piccolo esperimento di scrittura collettiva! Come funziona? Basta che tu prosegua l’incipit che trovi qui sotto.” Da qui è cominciato Scriviamoci su. Un piccolo gioco di scrittura collettiva condivisa su Instagram.

Siamo partiti da questo incipit di Nadine Gordimer tratto da Storia di mio figlio (traduzione di Franca Cavagnoli, Feltrinelli)

“Come l’ho scoperto?”

Per quattro settimane gli autori che hanno partecipato hanno provato a continuare la storia, commentando e, via via, tenendo insieme fatti e indizi seminati da altri autori. Ogni settimana, infatti, venivano scelti due brani e il più votato dalla community diventava la traccia da proseguire. Non facilissimo dati i limiti intrinseci di Instagram che offre pochissimo spazio nei commenti.

Scrivere assieme

 È stato un bell’esperimento non solo per la partecipazione – e mettersi in gioco non è mai semplice, quando il gioco è pubblico – ma perché gli autori si sono letti e commentati. Questo è il passaggio più prezioso: imparare a badare agli altri e accogliere il loro punto di vista.

  1. Il primo brano vincitore lo ha scritto Giovanni Sicurello giosicu
  2. Il secondo Mara Gemignani alias _maragemignani_
  3. Il terzo Jessica alias joy_in_the_deep

E così siamo così arrivati alla fine di Scriviamoci su. Ci tenevo a ringraziare tutti, uno per uno! E l’ho fatto alla fine di questo post, infatti (eravate tanti e recuperarvi sotto i vari post è stata una piccola impresa, se non vi trovate, scrivetemi subito su Instagram che rimedio).

Adesso possiamo leggere il risultato del gioco. Siccome mi dite sempre che dovrei fare un audiolibro, il testo l’ho letto per voi (che fatica!). Lo potete ascoltare qui:

Scriviamoci su: il testo finale

Come l’ho scoperto?

Era sempre stato davanti ai miei occhi, proprio per questo non me ne ero mai accorta. Se la mia vita non fosse andata a pezzi, costringendomi a vendere i ricordi e persino l’orgoglio, non avrei mai cambiato nulla di quella casa. C’era ancora l’odore di mia madre nell’aria, il suo cappotto appeso all’entrata. Solo lei avrebbe potuto nasconderlo lì.

Non parlo del cappotto. Lei conosceva mio figlio meglio di chiunque altro, meglio di me. E questo non l’ho mai accettato.

Adesso so perché. Adesso so la verità.

Avrei potuto fare finta di niente, e continuare come se non fosse successo nulla. Ma Luca adesso aveva bisogno di me, anche se non voleva ammetterlo.

Sua nonna, mia madre, non c’era più, eravamo di nuovo solo io e lui, come quando appena nato l’ostetrica me l’aveva appoggiato in grembo, e io mi ritrovavo ad amarlo nonostante avessi solo sedici anni.

 E quando lo lasciai alle cure di mia madre, pensai che quest’unione si fosse rotta per sempre.

 Mi appoggiai allo stipite della porta, per la prima volta nella mia vita dovevo andare avanti senza di lei.

Ma mi sentivo il suo sguardo addosso, la sua voce mi entrava nelle orecchie come un sibilo feroce a ricordarmi che ero io la madre di Luca, non lei.

 E ora che l’hanno portato via per interrogarlo, ora che tutti sanno che lui era lì la sera dell’incidente, non potevo abbandonarlo di nuovo.

 Mi immagino mia madre che quella notte lo fa entrare di nascosto, lui che biascica parole di scusa, che si infila la testa fra le mani e piange. Sa di avere fatto qualcosa di terribile, ma io non farò come mia madre. Non è nascondendo i peccati che l’anima si redime.

Loro lo hanno sempre saputo.

Mia madre mi ha tenuta la verità nascosta per tutti questi anni e ora so che il ragazzo che ho conosciuto io non è quello che credevo essere. Quello non è mio figlio e quella non è mia madre, non la stessa che mi ha fatta diventare la donna che sono oggi.

Appena ho saputo dell’incidente ho pensato che mio figlio non avrebbe mai fatto una cosa del genere, se fossi stata io a crescerlo. Tra le tante foto appese in salotto ce n’è anche una di mia madre incinta di me: giovane, felice, con un maglione rosa e una mano sul grembo. Penso anche a mio padre, che appena seppe di Luca decise di andarsene e di non vedermi più. Sto forse diventando come lui? Ho paura delle mie responsabilità? Per anni mi sono tirata indietro. Mia madre invece ha fatto l’opposto: mi ha salvata da tutto quello che mi sembrava troppo grande. Ora però tocca a me.

Mi avvio alla porta, la centrale non è lontana, posso andare a piedi. Inizia a piovere. Prendo il cappotto di mia madre, me lo appoggio sulla testa per coprirmi e inizio a correre.

Sono passati dieci anni da quella notte. Da quella corsa sotto la pioggia con il cappotto di mia madre sulla testa. Sono arrivata in centrale senza fiato. Da lì è iniziato il calvario giudiziario che l’ha portato via da me. L’arresto è arrivato subito. Lui era l’unico testimone accertato presente nell’incidente. Mio figlio colpevole di una morte che non aveva potuto evitare. È stato tutto inutile. Indagini, prove, avvocati, interrogatori. Luca non mi ha mai raccontato nulla. Non ha accettato nessuna delle mie visite. Poi un giorno mi hanno chiamato perché lui voleva parlarmi. Mi ha detto solo: “Sono innocente”. Al mio “lo so” ha sorriso con un pizzico di sorpresa. Non ha risposto alle mie domande, ha tergiversato, mi ha chiesto di non vendere la casa della nonna. È stata l’ultima volta in cui ho parlato con mio figlio.

La sentenza l’ha scagionato per insufficienza di prove. In tribunale non ha incrociato il mio sguardo. I suoi occhi puntavano qualcosa di invisibile e indefinito di fronte a sé. Le mie ricerche personali non mi hanno permesso di ricostruire la vicenda. Ho provato a rintracciare Luca più volte, non si è fatto trovare.

Oggi mi sembra tutto così confuso. Non ricordo i dettagli. L’alcol ha annebbiato la memoria e le immagini di questi ultimi anni. Ho sofferto per non essere riuscita a recuperare il rapporto con Luca. Non sono riuscita a farmi perdonare. O forse non ci ho provato abbastanza? Non so se ci sia una giustizia a questo mondo. So soltanto che Luca ha deciso di mollare e si è eliminato dai giochi. Nell’anniversario della scomparsa di Tommaso ha preso la sua macchina e si è lanciato fuori strada. Quando sono stata contattata non c’era più niente da fare. Morte cerebrale. Ho dovuto riconoscere il corpo. Una madre di fronte a un figlio morto che non conosceva nemmeno. Una madre non più madre. Ho smesso di cercare risposte, di farmi domande.

Sono tornata a casa di mia mamma per l’ultima volta. Il cappotto era ancora al suo posto. L’ho toccato, accarezzandolo con il palmo della mano. Ho infilato le mani nella tasca interna e ho trovato un biglietto. “Perdonami, Tommaso. Non sono stato in grado di salvarti. A tra poco. Il tuo migliore amico, Luca.”

Scriviamoci su: grazie a…

E ancora…

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7 Comments

  • Scrivere è sempre stato il mio sogno nel cassetto (frase ritrita) adesso leggendovi e seguendo la sig. Mazzotta ho capito di non esserne assolutamente all’altezza. Grazie a tutti.

  • Grazie Chiara! È stato stimolante istruttivo ma soprattutto divertente!!
    Spero davvero non finisca qui…ho un motivo in più per attendere con gioia il giovedì!

  • Grazie Chiara, è stata un’esperienza molto bella di lettura, scrittura e condivisione! Mi sono divertita a seguire i fili di questa storia collettiva. E ascoltare la tua voce che lega insieme le storie mi ha emozionato a presto allora con nuove storie da raccontare

  • Grazie Chiara, è stata un’esperienza molto bella di lettura, scrittura e condivisione! Mi sono divertita a seguire i fili di questa storia collettiva. E ascoltare la tua voce che lega insieme le storie mi ha emozionato a presto allora con nuove storie da raccontare

  • Grazie mille Chiara! Mi sono sempre divertite a scrivere solo per per me e senza impegno, ma ho scoperto che condividere questa passione mi piace ancora di più. Il tuo entusiasmo è davvero contagioso, complimenti!

  • Un Grazie a te Chiara ma anche alle tue collaboratrici.
    E’ stato un mese faticoso
    La tua iniziativa è stata libertà, mi sono messa in gioco con entusiasmo condividendo una passione che ci accomuna.
    Comunque sia andato, è stato divertimento.
    Avanti tutta! Saluti a te e alla community

  • No, grazie a voi che avete giocato (e continuate a farlo)!

    Chiara

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