Coach, editor, mentor: che confusione!

Coach, editor, mentor: che confusione!

Un coach non è un editor, neppure un ghost writer, non lavora sul testo degli autori, né insegna agli autori a scrivere. E quindi cosa fa?!

Il coach (anche quando lo chiamano book coach) è un vero mistero. È un editor? C’entra con un insegnante di scrittura narrativa? È uno scrittore o un professionista che lavora in editoria?

Il problema è legato al termine “coach”: si pensa subito allo sport (to coach, allenare), si immagina un insegnante e il gioco è fatto! Se aiuti un autore a scrivere il suo testo diventi un book coach o un writing coach. Sicuri?

Il coach è qualcuno che guida

Per alcuni è una parolaccia, coach. Un sinonimo di millantatore, una specie di santone-so-tutto-io che ti spiega la vita e ti insegna qualsiasi cosa senza sapere davvero nulla. Come sempre, quando le professioni sono nebulose, quando i confini non sono precisi si crea confusione che giova ai furbetti e ai truffatori.

Ma non diremmo mai che i dentisti sono dei ciarlatani perché alcuni lo sono, né che un personal trainer ruba i soldi perché qualcuno non sa fare il proprio mestiere.

Il coach (la parola ha origini ungheresi e il suo significato è “carrozza”) è qualcuno capace di guidare, di condurre verso una meta. C’entra con progetti e obiettivi. Con la possibilità di mettere in campo le forze necessarie per realizzarli.

Per diventare coach bisogna studiare e seguire una scuola, non ci si improvvisa e non si fa il lavoro degli psicologi, né quello dei medici, né quello degli editor! Si fa il mestiere del coach, un mestiere che richiede la capacità di ascolto e accoglienza, il saper porre le giuste domande e mettere a frutto la propria esperienza. Il coach non è né un guru né un motivatore.

Un coach può essere utile per chi scrive?

Certo. Trovare la forza per partecipare a un certo concorso e la progettualità per prepararsi a dovere e ultimare il proprio testo. Scoprire le proprie peculiarità, le proprie forze. Un coach ci può aiutare in tutte queste occasioni.

Imparare a gestire lo stress, a far fronte a un cambiamento, a mettere ordine, ma anche aprire il cassetto dei sogni, ammettere di possedere un desiderio e definire gli step per realizzarlo. Sono tutte cose che si possono fare anche grazie all’aiuto di un coach.

Ma non si parla di mettere le mani sul testo, di editare o correggere qualcosa! Questo è un altro lavoro e serve un altro professionista.

Se serve aiuto per scrivere un testo

Se un autore vuole sviluppare una idea o di sistemare una scaletta, ha bisogno di un editor. Se volesse decidere quale soggetto trai tanti che ha in mente potrebbe essere più interessante, se avesse bisogno di qualcuno capace di leggere, valutare il suo testo e dargli suggerimenti per migliorarlo, avrebbe sempre bisogno di un editor.

Se avesse bisogno di un professionista capace di mettere le mani nel testo e definire, frase per frase, parola per parola ciò che non va a livello narrativo e di stile di chi avrebbe bisogno? Tocca sempre chiamare un editor!

E se avesse bisogno di qualcuno capace di scrivere in toto il suo libro, dovrebbe chiedere a un ghost writer. Mentre se avesse l’esigenza di correggere errori e strafalcioni di grammatica, dovrebbe coinvolgere un correttore di bozze.

L’arte di farsi accompagnare

Alle volte l’autore chiede di essere accompagnato lungo quel tortuoso percorso creativo che è la produzione di una storia: dalla definizione dell’idea, fino alla revisione conclusiva.

Anche in questo caso, serve un editor che, in una fase preliminare, verificherà la fattibilità del progetto. Mettendo cioè in luce lacune e punti di forza ed evidenziando le potenzialità (originalità, pubblicabilità) dell’idea. In un secondo tempo aiuterà l’autore a scalettare la storia e progetterà le tempistiche dei successivi passaggi – ritmo di stesura, consegna del materiale, revisioni – fino a opera conclusa.

Un editor, se per esempio realizza che l’autore ha delle lacune nella stesura dei dialoghi, oltre a spiegare gli errori nel dettaglio, prevede esercizi ad hoc, suggerisce letture appropriate… si trasforma insomma in un insegnante di scrittura narrativa personale.

E il mentoring?

Tecnicamente qui si fa riferimento a un professionista – il mentor – che possiede una certa esperienza e la mette al servizio di una nuova leva (il mentee) o a un gruppo di nuovi professionisti. Il mentor passa le proprie competenze e strategie attraverso il dialogo, l’affiancamento e la condivisione.

Per fare un esempio: un editor freelance potrebbe affiancare un giovane editor e mostrargli come si svolge il lavoro sul testo, le fasi, le competenze necessarie e come si gestisce la relazione con l’autore.

Alle volte capita di riferirsi al mentoring come a un affiancamento editoriale, un coinvolgimento dell’autore da parte dell’editor nelle fasi di revisione e lavorazione per mostrargliele passo dopo passo. È impreciso, certo, ma serve per distinguere questo lavoro dall’editing vero e proprio (l’autore è sempre coinvolto, ovvio, ma non sta accanto all’editor mentre lavoro sul testo).

Poco fumo e tante competenze

C’è un costante fiorire di professionisti che si autoproclamano “qualcosa”; quindi, fate attenzione alla preparazione delle persone alle quali vi rivolgete.

Da qualche parte, certo, bisogna pur iniziare… ma prima di definirsi professionisti bisogna verla svolta almeno un po’ la professione! E no, non ci sono vincoli che impediscano a un individuo di definirsi agente, editor o correttore. A parte l’etica e la serietà. Andate a caccia di queste qualità e troverete anche la persona giusta per voi.

Articoli suggeriti

11 Comments

  • Uno, il penultimo per essere precisi, tra i miei tanti insegnanti di scrittura creativa, l’ho chiamato a lungo coach, senza conoscere questa figura professionale e, in effetti, faceva proprio le cose che citi, o almeno buona parte e mi è stato utile, fino a quando ha perso un po’ la bussola per stare dietro ai romanzi della figlia 😀

  • “Inutile dire che il book coach o il writing coach esiste da parecchio ma forse non sapeva ancora (a cominciare dalla sottoscritta)…”
    Se non lo sapevi tu, figurati io 😉
    L’idea, sicuramente contorta, che mi sono fatta da fuori è:
    – Editor: l’autore ha le idee ma non scrive perfettamente
    – Writing coach: l’autore sa scrivere, ma ha poche idee e/o non sa come organizzarle
    – Agente letterario: il mastino dell’autore; il libro c’è, adesso bisogna piazzarlo

    Io il writing coach l’ho sostituito dal LIFE Coach (ehhhh, questo te l’eri perso), perchè se tutto il resto della vita è nei casini, non c’è testa che riesca a scrivere 😉

    • Sai che io più incasinata sono nella vita e meglio scrivo? 😀 Tipo recentemente con un mal d’orecchio potente durato 40 giorni con diversi cambi di cura, più infiltrazione d’acqua in bagno causa rottura di qualcosa nella vasca di quelli di sopra, ecco lì ho dato il massimo! 😀

      • Eh, diciamo che dipende da cosa devo scrivere!
        Se sono arrabbiata, potrei scrivere benissimo di un assassinio in prima persona
        Se sono in malattia, comincio a descrivere la fine del mondo, disgrazie funeste, destini astrali dolorosi
        Però è inevitabile, che il meglio lo scrivo quando sono tranquilla. Non dico felice, mi basta il tranquilla, senza rotture di bipbipbip 😉

  • Cara Chiara, a volte sì, sei il mio sfogatoio sfigatoio, ma non posso esagerare!
    Comunque siamo in ballo col rimborso, il danno sta ancora lì sul soffitto, come un pipistrello.

  • Puoi chiedere a quelli di sopra se per piacere possono rompere qualcosa in bagno 😉

    • Non se se funziona con il guaio indotto 😀

  • Ecco, hai già detto tutto! Non servono commenti. Un po’ come le escort che son sempre esistite un tempo si chiamavano accompagnatrici e prima ancora entreneuse. Ora hanno affinato la tecnica, ma il lavoro è sempre quello. Però loro non permettono nefandezze letterarie.

  • Il mio lavoro da 10 anni almeno.
    Ho sempre usato il termine technical coach o meglio ancora coach tecnico per scrittori ma anche book coach va bene.
    L’unico problema è che in Italia siamo proprio pochi, fino ad un paio di anni fa eravamo in 2, sì, in 2.

    Se avete bisogno di maggiori dettagli (sulla tipologia di attività) lordmax@email.it

    • Ma anche “book coach” va bene?
      Oh, grazie.

      • Ma non era in senso dispregiativo.
        Era solo per dire che si cambia continuamente il nome alle cose, alle volte per dare maggiore dettaglio alle volte per caso alle volte per dare diversa valenza.
        Un po come con la retorica, con il tempo dire retorica è diventato dispregiativo ed allora hanno inventato un sacco di altri termini più americaneggianti tipo storytelling e via dicendo.
        Non è che la retorica e le figure retoriche siano scomparse o cambiate, sono sempre quelle, hanno solo cambiato nome.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *