Scrivere. Prendere coraggio e inviare il proprio dattiloscritto in lettura nella speranza di trovargli casa… il punto di vista dell’autore e quello del lettore.
La materia di cui è fatto il tuo manoscritto? Il tempo. Quello libero, quello che non hai barattato in cambio di denaro. Sottratto alla notte, ai giochi con i tuoi figli, allo svago… persino al dovere, e chi lo sente adesso il capo?
Solo che qualcuno* legge, valuta. E magari non apprezza. Quello che hai scritto non va bene, ti viene detto.
Il tuo lavoro è contorto, c’è troppo (poco) sesso, non ha mercato, non ci sono licantropi, ci sono troppi vampiri, non ha un target preciso, è troppo targettizzato, è slegato dal sociale, è troppo legato al contesto attuale, non parla alle donne, parla troppo di donne, il suicidio è un escamotage abusato, la fantascienza è morta, i racconti non li legge nessuno, ci vorrebbe un bel melodramma.
E quando entri in libreria ti viene un nervoso, ché scrivono i tennisti (di cucina), le fidanzate dei calciatori, le comiche depresse, le mamme famose, i politici corrotti, le zie dei tronisti… e tu?
Tu non trovi uno straccio di editore. E il tuo scampolo di occasione se l’è fregato un idiota che ha letto il tuo lavoro e lo ha affossato. E se sapessi che faccia ha o come cavolo si chiama, l’andresti a pigliare e gli faresti mangiare i 385.462 caratteri, uno per uno. Più le sue critiche, ma quelle due volte. Perché per tutto questo tempo hai organizzato il tuo mondo intorno alla scrittura, ma per ogni istante non hai fatto altro che sognare una vita fatta di questo. Cementata sui caratteri, organizzata tra le virgole. Edificata sui punti esclamativi. Ma è arrivato qualcuno e ci ha piazzato un bel punto. Fine della storia.
* Il dattiloscritto di un esordiente pesa, parecchio.
Aspettative. Fantasie di gloria. E una bella manciata di sassolini da sfilare, finalmente, dalla scarpa (e da lanciare contro al nemico, a tutti i nemici, che hanno sottovalutato o deriso quel talento che aspettava solo di eruttare).
Lo sai, però procedi aggrappandoti ai soliti “perché”.
Perché la storia non gira.
Perché non c’è una storia.
Perché ci sono troppe storie.
Perché è ambientata nel Nebraska e l’autore non c’è mai stato, in Nebraska (infatti pare Rapallo fuori stagione).
Perché il protagonista fa sesso mercenario con una aliena transgender e nella scheda di presentazione c’è scritto che “chi scrive si è ispirato a fatti realmente accaduti”.
Perché il cattivo parla come un bambino ma ha ottantacinque anni e tre bypass.
Il fatto è che l’autore ha aperto il file e lì ha traslocato tutto il suo sapere. Oppure si è travasato sulla carta (perché con la mia storia “non uno ma tre di libri ne verrebbero fuori!”) e adesso ti fissa con sguardo minaccioso da dietro un punto e virgola.
E lo sai che quando gli spiegherai cosa, per te, non va:
a. lui dirà che se il romanzo non è di tuo gusto è ovvio che non puoi capirlo, perché non è di tuo gusto. In tanti lo hanno molto apprezzato…
b. Che è una storia vera, e se non ti piace devi prendertela con la realtà. Lui cosa c’entra?
c. Accetta le critiche, discute di tutto, non è disposto a cambiare idea troppo facilmente, ma propone soluzioni interessanti e, soprattutto, si prende un po’ di tempo per metabolizzare le critiche (poi giocherà lo stesso a freccette con la tua foto; e si coricherà sognando un tir di libri diretti al macero, mentre ti investe spiaccicandoti dentro una vetrina di televisori al plasma).
Detto questo prendi coraggio e rifiuti il testo. Che finisce tra le mani di un collega e diventa un bestseller.
Morale: non ci sono posizioni comode. Però, se c’è una buona storia, si sta comodi in due.
16 comments
Insomma il tuo è un lavoro davvero pericoloso, visto il numero di aspiranti scrittori frustrati e incazzati ti sei dotata di guardia del corpo?! 😀
No. No. Tutto sotto controllo. Anche se il tizio con il fucile che parla di “sospensione dell’incredulità”, pare far sul serio… dice che non ho colto il senso, dice.
Dopo questa ho maturato la decisione unilaterale di inserirti nella top ten dei miei possibili editor.
Nel caso non funzionasse, tu ce l’hai il numero di quel collega, vero?
Lo so, tutto merito della faccenda del tir… E come ultime volontà: una corposa agenda di contatti, tranquillo!
Come si suol dire: “anche un Tir ha il suo peso”.
O_O
Il mio blog è attaccato dallo spaaaaaaaaaaaam! Aiuto!
Negli ultimi giorni mi sono arrivate parecchie risposte casuali su diversi blog.
Però non capisco dove sia lo spam… non ci sono link di nessun tipo. Boh…
Un epitaffio perfetto!
Mi hai fatto sorridere ma anche riflettere. E mi è sorta una domanda tu dall’altra parte ti sei trovata? Prima di fare l’editor sei stata anche scrittrice? Mia curiosità personale, leggendoti sei molto vicina a quello che un esordiente “prova”, e non sembri sentirti scomoda quando ne vesti i panni. Ho sempre pensato che chi rifiuta un testo dopo una vera valutazione deve avere un equilibrio non da poco: uno perchè puoi leggere qualcosa che davvero fa rabbrividire tutti e 5 i sensi, due perchè essendo un essere umano si hanno delle preferenze per genere o stile anche se tenuti al limite più basso possibile e tre perchè se ne devono incontrare parecchie di persone non troppo intelligentemente educate e pronte ad un no.
Ora avrò ancora più rispetto per chi in futuro potrà dare un giudizio alla mia opera 😉
Scrittrice, Daniela, è una parola grossa davvero!
Ho scribacchiato (ma non ho alcuna ambizione in tal senso, son proprio lettrice nel tessuto epiteliale ;-))
Però la vita da esordiente la conosco. Eccome.
E credo sia utile sapere cosa si prova, quando poi ti trovi a valutare il lavoro di qualcun altro, utile ma non indispensabile. Penso che serva, ovvio professionalità, ma soprattutto sincerità. Il tutto condito con una buona dose di rispetto. Ma questo in tutti i campi della vita. E un “no”, se ben detto e motivato, ci sta.
Rabbrividire purtroppo si rabbrividisce… per il gusto personale, penso non sia un grande problema. Perché tra “mi piace” e “bello” c’è una grande differenza. Importante è conoscersi, in modo che la propria opinione non diventi un “difetto” collaterale.
Tanto bello è quando capita qualcosa di buono che incontra il tuo gusto. Allora sì che è festa grande!
Ciao, Daniela!
Uh bello questo post. Soprattutto per chi è, come me nel giro. Ho pubblicato il primo romanzo accettando il compromesso di pagare l’editing, che è diverso da pagare per pubblicare, ma nell’immaginario collettivo è la stessa cosa. Un editing fatto davvero benissimo, mi ritrovavo a ridere di alcuni pezzi pensando “ma questo non ricordavo di averlo scritto” Infatti non l’avevo scritto io. Eppure senza snaturare nulla, ho sempre pensato di aver cucinato una torta, mentre la mia editor ha sorvegliato la cottura.
1000 copie di prima tiratura e il 7% di royalties. E’ andata. Ora vediamo per il secondo, spero qualcosa di meglio, anzi lo esigo, attendo risposte post salone di TO, ho un sacco di frecce al mio arco, le vedo planare in giro, trasformandosi in aeroplanini di carta talvolta, ma scrivere rimane la mia grande passione, e quella nessun editore spocchioso me la può togliere. Comunque una soluzione per i lettori che cercano libri di valore e non di calciatori è sempre quello di battere le fiere di piccola e media editoria, si trovano delle chicche fantastiche. baci
Ah, appartieni alla setta 😉
Comunque sia, se uno ha la passione per la scrittura deve solo sperare di incontrare critici con i cosiddetti. Dai complimenti si impara poco… forse questo è l’unico difetto dei complimenti!
Da quello che dici, più che un editing (un editor di solito non aggiunge una riga, se può neppure una parola al lavoro dell’autore) è stata una (ottima) collaborazione creativa.
Alla prossima, Ilaria (e buon tiro con l’arco)
be’ penso che se vuoi ti faccio avere il mio romanzo e puoi star tranquilla perché la mia religione m’impone di lusingare le belle donne anche se ti bocciano il manoscritto
Belle donne non pervenute. Solo iene a caccia di buone storie.
Quindi, occhio…
😉
Diciamo che il primo pensiero dopo la critica e il rifiuto è a favore del tir, possibilmente con un guasto ai freni, perché non si sa mai. Poi si elabora il lutto e si guarda alla realtà con occhi diversi e si procede a correggere i difetti o, se è il caso, a ricominciare da capo. Se scrivere è passione, la cosa non dovrebbe costare troppo cara.
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