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Il Salone di Torino, il Salone di Milano e il dono dell’ubiquità

Libriful ormai non permette di annoiarci, stavolta siamo alle prese con una serie di proposte ai confini della realtà.

Stato attuale: confusionale. Perlomeno in quel di Torino. Perché a Milano – piaccia o no – le idee paiono più chiare. Nella scorsa settimana Aie e Fiera di Milano hanno dato vita a La Fabbrica del Libro Spa, primo passo per realizzare il salone meneghino, hanno poi stabilito le date della manifestazione che si terrà dal 19 al 23 aprile, circa un mese prima di Torino.

Non solo, il Salone di Milano si è pure acciuffato la macchina organizzativa di Torino: Eventualmente, questo il suo nome. Si tratta della società che finora ha realmente dato vita alla kermesse. Si occupava di trovare nuove idee (quindi di creare iniziative come Casa Cookbook o Book to the future), organizzare gli spazi (vendita dei degli stand e rapporti con gli editori). Ed è soprattutto quella che realizza e gestisce Ibf, ovvero l’area dei professionali in cui avviene lo scambio dei diritti.

Il problema? Milano non ha scippato Eventualmente, è Torino che non ha confermato alcunché alla società, ribadendo di voler gestire tutto in proprio (da chi non è dato saperlo, ma al momento non sappiamo neppure il nome del presidente e del direttore editoriale…). Quindi Milano si adegua e acchiappa al volo “gli scarti”, cioè qualcuno che ha capacità organizzative, contatti con gli editori e di eventi come questo ne ha organizzati parecchi (oltre al Salone si occupa anche di Più libri più liberi, la rassegna della piccola e media editoria che si tiene a Roma).

Domanda: se foste un agente o un editor e doveste collocare i vostri titoli sul mercato italiano o straniero, andreste dove c’è una sezione deputata e ben organizzata per farlo o no?

E così, mentre il Salone vacilla e perde pezzi, al Circolo dei Lettori di Torino si è svolta una riunione tra gli editori – 130 i rappresentati presenti – compresi i dissidenti (quelli fuoriusciti da Aie), sul palco c’era pure Ernesto Ferrero, l’ex direttore del Salone. Nell’incontro è nata una nuova associazione Amici del Salone di Torino. Ma guai ad andare troppo d’accordo! E infatti: Laterza si rifiuta di entrare, Feltrinelli non sa…

In effetti, si trattava di fare proposte, di mettere sul piatto idee per salvare una manifestazione trentennale. C’era il bisogno di partorire l’ennesima associazione? E così si va nella direzione del doppio salone (sempre che il Salone di Torino ci arrivi vivo a maggio). Ma potevano le istituzioni non ingarbugliare tutto?

A pensarci è Dario Franceschini durante l’incontro romano – presenti anche il ministro dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, i rappresentanti dell’Associazione Italiana Editori e quelli della Fondazione per il Libro – incontro che nasceva con l’intento di mediare tra le parti. Il ministro dei Beni e le Attività Culturali ha infatti proposto “un unico salone internazionale del libro del sistema Paese. Una grande fiera che unisca contemporaneamente Milano e Torino, con una stessa governance e dunque una stessa società: poi le formule giuridiche si trovano. Se si optasse per questa soluzione, i due ministeri potrebbero parteciparvi anche con un impegno finanziario più forte”.

L’idea è un evento condiviso, come accade per MiTo la rassegna musicale che anima il settembre di Milano e Torino. Ma è ben diverso organizzare un mese di eventi e distribuirli tra due città, altro è sdoppiare un Salone del libro! Difficile non fare qualcosa di serie A e B, rischioso dividere tra indie e big (i lettori che amano entrambi?) o peggio, alto e basso, come se non fosse possibile amare entrambi. Per non dire degli addetti ai lavori privi del dono dell’ubiquità. Loro che faranno?

Sembrerebbe una boutade e visto il silenzio dei mesi precedenti, ci si aspettava una uscita più sensata o quantomeno che il ministro spiegasse come intende realizzare questa idea (altrimenti perché non pensare a un evento itinerante?!). Ma Franceschini ha precisato: “Ci sono già diciassette treni Frecciarossa tra la fiera di Rho e la stazione di Porta Susa che potrebbero allungare di pochi minuti la corsa fino alla fermata del Lingotto. In tutto trentasette minuti, ossia il tempo che si impiega per andare da una parte all’altra di una fiera. Il collegamento tra Milano e Torino potrebbe diventare una parte dello stesso evento. E si studia la soluzione di un biglietto integrato che valga per il treno e l’ingresso al Salone”.

Si sperava a questo punto nell’arrivo di qualcuno che riportasse sulla Terra le istituzioni ma Federico Motta, il presidente dell’Associazione Italiana Editori (AIE), all’uscita dal vertice con il Ministro Franceschini ha dichiarato: “Abbiamo condiviso e discusso la proposta del Ministro e ci siamo presi del tempo per valutare e trovare una soluzione. La nostra decisione dipenderà dal lavoro che verrà fatto nei prossimi giorni. Il Ministro ci ha invitato a trovare un punto di incontro: è evidente che lavoreremo in questo senso”.

Sulle pagine de Il Libraio si trovano anche le dichiarazioni di Renata Gorgani, direttore della casa editrice Il Castoro, nominata presidente de La Fabbrica del Libro SpA: “Lavoreremo per studiare un unico evento che metta insieme Milano e Torino. Non possono essere due manifestazioni uguali, ma complementari. Credo sia molto positivo questo dialogo ritrovato. L’interesse di tutti deve essere quello di fare il meglio per i lettori e il mondo del libro. Anche da Torino ho visto un’apertura. Non posso fare previsioni ma sono ottimista”.

Grazie alla preziosa segnalazione di Luca Albani, rileggo un vecchio articolo sul Salone di Torino 2016, è un’intervista a Ernesto Ferrero: “Le buone idee sono fondamentali, ma senza risorse non si va da nessuna parte. Non so come abbiamo fatto quest’anno ad allestire tanti eventi con meno di 60mila euro per le spese di ospitalità. È qui che è diventato decisivo il contributo degli editori. (…) La fortuna nasce dalla formula quadripartita: è una grande libreria di 45 mila mq, un festival, un padiglione per bambini e ragazzi, un momento di incontro per professionali giunti da tutto il mondo per comperare e vendere diritti d’autore (…) Si può fare il Salone perché c’è una squadra piccola, ma eroica. (…) Può arrivare un direttore artistico con qualche idea brillante e spiritosa, ma la macchina c’è, è solida, collaudata. Funziona.”.

Insomma, se volevate un sunto dei guai di Torino adesso, eccolo qua. Alla prossima puntata…

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