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Incipit

Le tredici

Chick era una donna vecchio stampo. Nonostante l’ora e le circostanze, era in piena «tenuta da combattimento» come diceva Bill. Reggiseno e mutandine abbinate. Niente di troppo audace, ma era un gran bel completino. La biancheria contenitiva la stava uccidendo. Calze, sottoveste e poi l’abito, il suo abito più bello, un Ralph Lauren blu navy senza maniche. L’ orologio di Cartier, la collana di perle che le aveva regalato Bill il giorno del loro matrimonio. Infine gli orecchini coordinati e la fede.
Si guardò allo specchio, rigirandosi l’anello al dito, cosa che faceva solo quando era sovrappensiero. Ma si sentiva impacciata con quella benda sulla mano, così si fermò. L’ustione non la smetteva di pulsare. Prese la bomboletta della lacca: se ne spruzzò un po’ sui capelli e se li lisciò. Le ciocche ondeggiavano appena a ogni tocco. Era una sensazione così piacevole che per poco non ricominciò a piangere. Invece si avvicinò ancora di più allo specchio e sotto una luce impietosa si diede un’ultima occhiata. Niente male. Davvero niente male per una sessantenne. Era una delle «ragazze» più vecchie del gruppo, ma nessuno al di fuori della loro cerchia lo avrebbe mai sospettato.
Questo pensiero la riportò alla bruciatura e a Bill che le diceva «Chick, tesoro, dammi le chiavi, non fare la stupida». Ma lei non gliele voleva dare, così le aveva strette nel pugno per nasconderle. Bill sfoggiava il suo solito sorriso vago, incerto, quando all’improvviso un insopportabile calore l’aveva costretta ad allentare la presa, lasciandole cadere. Bill però non l’aveva notato: era storidito, non a causa dell’alcol o di una droga, ma per colpa di Izzy, e non si era reso conto della pelle bruciata rimasta attaccata alla chiave né al dolore. Si era limitato a un «Grazie cara, ci vediamo stasera». Ovviamente lui non la rivide mai più.

Le tredici, Susie Moloney,  traduzione di Antonello Guerrera, Giunti Editore, p. 384 (16 euro)

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