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Fatti di parole

Nascita e morte del Festival dell’Inedito tra dichiarazioni azzardate e riflessioni doverose. 

Il festival dell’inedito nasce morendo. La SIAE, Mondadori, Radio3, Rizzoli e Tuttoliobri de La Stampa hanno ritirato il patrocinio; Nicoletta Maraschio, il presidente dell’Accademia della Crusca, e Chiara Valerio abbandonano l’iniziativa. Antonio Scurati, idem. E, alla fine, anche il Comune di Firenze opta per il dietrofront.

E se vi stupisce leggere che l’assessore Cristina Giachi abbia precisato: “Non smettiamo di vedere elementi di qualità e di novità nell’iniziativa”. Sappiate che la frase è stata pronunciata (in realtà scritta nella lettera rivolta ad Alberto Acciari, ideatore del festival) prima dell’incontro con i firmatari dell’appello contro l’evento.
Dopo, forse, avrebbe detto altro.
E questa mattina, sul sito si annuncia che la kermesse, per il momento, è stata sospesa. Alberto Acciari scrive:

Gentili Signori,
la nostra iniziativa, da molti giudicata utile e opportuna, da altri criticata fortemente, ha sicuramente provocato interesse. Un interesse che però, soprattutto sulla piazza di Firenze, che dovrebbe ospitare l’evento, ha assunto, da parte di alcuni, toni così accesi e contrari da provocare sconcerto in molte persone, in molti enti, che l’avevano accolto con favore.
Poiché ritengo che le contestazioni fatte manifestino un punto di vista, una cultura diversa da quella con cui ho inteso, da imprenditore amante della cultura e dell’arte, cercare di aiutare il settore, e che queste contestazioni non permettano un sereno e proficuo prosieguo dell’organizzazione, ho deciso di sospenderla, in attesa di chiarire davvero se i cittadini di Firenze e non solo i firmatari della lettera appello, vogliono o non vogliono questo evento e quindi se localizzare ancora il Festival in questa città,  e se sia giusto o meno chiedere a chi vuole promuovere se stesso (come un inedito che cerca attenzione) di partecipare almeno in piccola parte alle spese di questa promozione. Il nostro sito rimane aperto e attivo e mi farebbe piacere che tutti dicessero la loro, semmai con garbo, su questo argomento per me fondamentale… Proseguendo con una serie di ringraziamenti.

Non entro nel merito dei contenuti. Ammetto, però, che da quel “cercare di aiutare il settore” ho spento i neuroni, per evitare attacchi di gastrite improvvisi (settimana pesante per la mia acidità di stomaco). È stato detto che l’evento sia stato boicottato per gli alti costi di iscrizione. È inesatto.

I costi sì, erano eccessivi, anche dopo i ribassi. Ma il problema era l’idea di cultura alla base della kermesse – se scrivi, devi farti ascoltare, leggere e per promuoverti ci sta che paghi– e la bugia di fondo su cui era costruita. Cioè che bastasse riunire editori, autori, sceneggiatori, creativi e metterli intorno a un tavolo per risolvere la falla tra eccesso di idee creative e la scarsa possibilità che queste vedano la luce.

La mancata comunicazione tra le parti, a mio avviso, non si realizza per assenza di occasioni ma perché le idee buone sono poche. Se gli editori percepissero il mare magnum di “scriventi sommersi” come un reale “patrimonio” di occasioni creative, non credete che farebbero in modo di esplorare sistematicamente questo territorio?

In realtà, gli operatori del settore (editori e agenti) che lo fanno ripetono e confermano che solo una percentuale minima di ciò che viene scritto sia, non pubblicabile, ma leggibile. Io, nel mio piccolo, ho la stessa percezione. Il festival perciò rischiava di fondarsi sulla mancanza di autocritica di chi propone le proprie idee. Perché la falla si colloca decisamente a monte. Sta negli strumenti che gli scriventi possiedono, non solo per produrre idee, ma soprattutto per valutarle. E la dimostrazione lampante di questo smarrimento consiste nel fatto che in molti, troppi, ritengano che, avendo scritto, abbiano il diritto di pubblicare. E quando questo diritto viene loro negato, la colpa viene attribuita a un mercato editoriale modello casta: elitario, inaccessibile, basato su rapporti di conoscenza e non meritocratici. Della serie: se non hai santi in paradiso no, non puoi pubblicare.

Quindi la soluzione, forse, consisterebbe nel fornire maggiori strumenti agli aspiranti scrittori, sia per migliorarsi sia per guardare al proprio lavoro con occhi obiettivi e, nel contempo, rendere meno oscura la filiera editoriale. Impegni non da poco, certo.

In questa occasione, però, la critica non è mancata. E non è mancata la comunicazione. Si è subito creato un network di persone che ha lottato per la limpidezza degli intenti di chi vuole proporre eventi culturali, per un coinvolgimento giustificato degli enti che patrocinano queste eventi, e per difendere un’idea di cultura libera.

Volevo ringraziare tutti quelli che sono passati da queste parti e hanno partecipato alla discussione, leggendo e commentando. E, soprattutto, hanno permesso alle notizie di circolare. Perché le proprie opinioni, quando si ha il coraggio di esporsi, non sono solo parole ma fatti.

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14 comments

Tales Teller 06/04/2012 at 11:13

Concordo pienamente, pur essendo parte del numero degli aspiranti scrittori che cercano (nel mio caso cercheranno) di essere pubblicati, trovo che una buona parte del materiale che viene regolarmente prodotto sia troppo scadente perché un editore, per quanto spinto da buona volontà, possa realmente investirci tempo e denaro.
Parallelamente sono dell’idea che ci sia comunque un intricato sistema di corsie preferenziali, per cui spesso il nome sia garanzia di pubblicazione ma non di qualità, questo però non dipende unicamente dalle case editrici ma anche dagli acquirenti.

In conclusione un pensiero di solidarietà per tutti coloro che, mossi da ottimismo e buona volontà, già si fossero pre-iscritti versando i 130 Euro + Iva a fondo perduto.

Chiara Beretta Mazzotta 06/04/2012 at 11:36

Concordo e ribadisco che l’editoria non sia una scienza esatta, ci sono brutti libri pubblicati e buoni libri ancora nei cassetti.
E per le corsie preferenziali ci sono, come in ogni settore, ma non sono a mio parere alla radice del problema “è difficile pubblicare”. E come dici tu, il pubblico comprando certi libri, incentiva determinate scelte editoriali.
Già, chissà in quanti hanno versato la preiscrizione…

Tales Teller 06/04/2012 at 11:41

Di contro sono anche le scelte editoriali (con pubblicità martellanti di specifici prodotti) che incentivano alcune tipologie d’acquisto. Torniamo sempre ad un rapporto di causa ed effetto molto difficile da determinare.
Ricordo di aver letto una discussione che verteva su questo argomento, ma non ricordo quale fosse il blog che la ospitava … memoria farlocca.

julka75 06/04/2012 at 11:13

Uhm. Ho letto anche io il sito, stamattina, ma ho la sensazione che la questione sia solo rimandata. Sarà che soffro di pessimismo cronico…

Chiara Beretta Mazzotta 06/04/2012 at 11:40

Purtroppo mi ci sono già scornata quando ho scoperto certe pratiche degli Eap.
Parlavo con gli esordienti di cose che mi parevano da distopia e invece succedevano e succedono regolarmente. E mi rendevo conto che, finita la ramanzina (mia) sarebbero corsi a farsi pubblicare pagando migliaia di euro. Oppure sarebbero corsi a farsi fare degli editing galattici per poi sentirsi dire che no, il tema del loro romanzo era poco interessante…
Insomma, non puoi pensare che tutti la pensino come te, anche se sei convinto di essere dalla parte del giusto.
Insomma, condivido il tuo pessimismo. Faranno questo festival, lo faranno con altre modalità ma costerà sempre caro (in tutti i sensi).

Alessandra 06/04/2012 at 11:27

Ho avuto anch’io la sensazione che il tutto sia solo sospeso.
D’altra parte, nonostante le critiche, c’era già chi aveva pagato con grande entusiasmo. E mica vorremo sprecare questo potenziale… (lu)creativo? (Mi scuso per il neologismo :))
Intanto una piccola vittoria della civiltà – con una battaglia iniziata proprio da Bookblister – è stata ottenuta. Terremo gli occhi aperti.
Ciao Chiara, tanti auguri!

Chiara Beretta Mazzotta 06/04/2012 at 11:42

Lo so, lo so.
E, ahimè, son d’accordo.
Ma almeno la mostruosità non avrà il patrocinio di signori noti e realtà altrettanto note. Almeno non ci saranno scrittori ad avvalorare il tutto.
Che poi, non hai idea di certi commenti in privato (ah, lei se la prende con noi ma guardi un po’ che combinano dalle sue parti gli editori seri!).
E in effetti…
Gli occhi sono aperti (e sento giù un principio di gastrite :D)!
Ciao Alessandra!

lori 06/04/2012 at 11:30

Ho seguito con interesse la discussione e condivido tante cose. Ma resta senza risposta la domanda: cosa deve fare un aspirante scrittore per capire se il suo lavoro vale oppure è meglio dedicarsi al punto e croce?
Le case editrici grandi non ti leggono.
Le case editrici piccole ti chiedono il contributo o l’acquisto dei libri.
Quali sono gli strumenti che auspica Chiara?
Complimenti per il blog, l’ho scoperto da poco e mi piace

Chiara Beretta Mazzotta 06/04/2012 at 11:57

Lori,
(mi permetto il “tu”) cominciamo dalle pratiche che non comportano esborsi. Non è vero che le piccole case editrici chiedono tutte contributi!
Se dai un occhio sul sito del Writer’s Dream, troverai un elenco fantastico di editori free divisi pure per genere, pieno di piccoli e medi validi editori. Con queste realtà è ovvio che il dialogo sia più semplice e possibile.
Poi ci sono i concorsi seri. Io cito spesso Subway perché ha una giuria con gente come la Ichino, la Berla, Montanari… e ti mette in contatto con persone valide del settore.
Ci sono persone come Giulio Mozzi che fanno corsi di scrittura per me troppo cari, ma che leggono tutto quello che capita loro a tiro gratis.
C’è, gratis, pure un superbo corso di scrittura di Fabio Bonifacci (se lo cerchi lo trovi subito) che male non fa.
E poi ci sono le agenzie, serie. Non quelle che chiedono 600 euro per una scheda perché è un furto!
Anche io costo (150 euro). Perché? Leggo, ti valuto, ti scrivo una scheda di editing (vale a dire tutto quello che per me dovresti fare e come dovresti farlo per migliorare il tuo lavoro). Se non riesci a lavorare sul tuo testo, significa che ci sono dei guai a monte e forse, sì, il cucito può essere una dolorosa soluzione. Evitando quindi stupidi editing (che spillano un mare di soldi). Quelli hanno un senso solo se c’è un serio progetto editoriale alle spalle.
Se lo scouting fosse il core business della mia agenzia, sarei rovinata! Perché ci perdo troppo tempo e ci guadagno pochino ma, in realtà, è solo una parte del mio mestiere e mi piace farla. Un po’ come scrivere qui…
A presto

carolinacutolo 07/04/2012 at 15:56

Cara Chiara,
ho fatto un resoconto di tutta la vicenda, e siccome io la notizia l’ho avuta da questo tuo spazio ti ho citata come prima a segnalare la porcheria del Festival dell’Inedito:

http://scrittorincausa.blogspot.it/2012/04/sospeso-il-festival-dellinedito.html

Grazie mille!!! : )

Chiara Beretta Mazzotta 07/04/2012 at 17:29

Carolina,
grazie a te. Se la notizia fosse rimasta sul mio blog a che sarebbe servito?! C’è stato un efficientissimo tam tam e quando la rete funziona così è una gioia farne parte.
Un abbraccio e buona Pasqua!
(Alla prossima ;-))

carolinacutolo 07/04/2012 at 19:29

Sei una grande. Ti stimo 🙂
Alla prossima battaglia!

Alessandro Diele 14/04/2012 at 12:37

Cara Chiara,

mi permetto di segnalare anche il mio pezzo sull’argomento:
http://dietrolenuvole.altervista.org/2012/04/10/festival-dellinedito-caso-chiuso/

E di farti i complimenti per questo interessantissimo blog, che ho scoperto proprio “grazie” a questa Porcata dell’inedito e che ora è finito dritto dritto tra i miei Segnalibri!

Chiara Beretta Mazzotta 15/04/2012 at 12:19

Ciao Alessandro! Grazie mille, leggerò con piacere. Il fatto che ne abbiano parlato in molti è stato fondamentale (e, comunque, credo che il caso non sia affatto chiuso). Alla prossima e buona domenica!

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