Un inverno nero, la realtà al luminol e il desiderio ritrovato

Un inverno nero, la realtà al luminol e il desiderio ritrovato

Se credete che il bianco sia il colore dell’inverno, ricredetevi leggendo Un inverno color noir (a cura di Marco Vichi, Guanda). Avete problemi con la rete, pensate sia dannosa, pensate ci peggiori? #Luminol di Mafe De Baggis (Informant) fa al caso vostro! E per chiudere in bellezza: La tregua di Mario Benedetti (traduzione di Francesco Saba Sardi, Nottetempo).

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Un invernoVOLTAPAGINA
Un inverno color noir, Autori Vari a cura di Marco Vichi, Guanda, p. 323 (18 euro) ebook (9,99 euro)
Sapete ormai quanto io ami i racconti, ma ci sono raccolte che possiedono una carica in più. Per prima cosa in questo caso hanno chiamato a raccolta parecchi personaggi a me cari: Soneri di Varesi, la Vergani di Elisabetta Bucciarelli, il commissario Bordelli di Marco Vichi, Ferraro di Biondillo, Elia Contini di Andrea Fazioli… ed eccoli alle prese con le feste e le rogne, che spesso si mischiano, si confondono in questo periodo dell’anno. Quei momenti che ci lasciano un po’ nudi, preda dei sentimenti, dei riti di passaggio con cui misuriamo il tempo e il nostro mondo. Ad alcuni le feste vengono guastate (alla grande direi) ad altri non sono mai andate a genio. Di sicuro in alcune piazze, su certi treni, pure in un campo da calcio l’inverno non è la stagione quieta della natura a riposo ma il momento dell’orrore e del mistero. Il mistero contamina un abbraccio, una sigaretta, un trofeo, il rito di raccontarsi storie a fine pasto e viaggia per l’Italia e nel tempo… un tempo che altro che lucine, regali e fuochi d’artificio! Per chi cerca talento e mestiere, e vecchi amici su cui si può sempre contare.

DA GUSTARELuminol
#Luminol, Mafe De Baggis, Informant, ebook (2,99 euro)
Detestate internet, social, mail e compagnia tecnologica cantante? Ecco il libro necessario. Internet è la modernità ma pure la realtà e la quotidianità (anche per chi lo rifiuta). Il problema? Rapportarsi con questo strumento e non fare errori di valutazione grossolani. Esempio: conferenza, ci sono due persone una scrive nervosamente su un blocco, l’altra digita su uno smartphone. Se pensate che la prima sia seria e la seconda cazzeggi, be’, siete vittima del pregiudizio, del dualismo reale/digitale in cui il primo è necessariamente “buono, romantico, naturale, sano…” e il secondo “asettico, chiuso, distante, dannoso…” e molto probabilmente vivete la tecnologia e l’innovazione come fossero contro l’ordine naturale delle cose. Dobbiamo prestare attenzione alle parole, ché le parole esprimono giudizi, categorizzano: l’innovazione non è buona o cattiva, al massimo utile o inutile. E quando parliamo di media digitali sarebbe meglio pensare, non a una realtà virtuale (termine che è una prigione mentale: se uno vi insulta via sms o licenzia via mail il dolore/disagio che provate è reale o virtuale?), ma a una “realtà aumentata” al fatto che sono i comportamenti a guidare e governare gli strumenti (e i contenuti) non viceversa. Cioè internet non determina le nostre azioni le rende visibili. Perciò i media digitali sono un punto di osservazione privilegiato per capire qualcosa di noi e dei nostri simili. Perché internet siamo noi. Quindi, se vi lamentate della rete, vi lamentate della società non di una connessione, un computer, un bit.

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La tregua, Mario Benedetti, traduzione di Francesco Saba Sardi, Nottetempo, p. 241 (14,50 euro) ebook (7,49 euro)
“Mi mancano solo sei mesi e ventotto giorni alla pensione. Devono essere almeno cinque anni che calcolo quotidianamente quanto mi resta da lavorare. Ho davvero così bisogno di non fare niente? Mi dico di no, che non è tanto di ozio che ho bisogno, quanto di un lavoro che mi piaccia.” Aspetta la pensione come il momento giusto, l’occasione per viversi, per ritrovarsi lui che è vedovo, ha tre figli e ha lavorato davvero duramente. Ma, la vita è una beffa, ed è infatti proprio in questi ultimi mesi di lavoro che per Martin Santomè, il protagonista, arriva la scossa. Una rivoluzione che ha venticinque anni, si chiama Avellaneda ed è una impiegata del suo ufficio. Santomè è un uomo posato, un cinquantenne cauto, pertanto non cede all’ebbrezza della possibilità di essere felice, non subito almeno. È uno che sta “sul chi vive” e poi, eccolo, abbandonarsi e riscoprire un bacino di affetto, di desideri inaspettati. Ma la vita oltre a essere una beffa sa essere terribilmente sadica. Alla fine del romanzo, Martin Santomè per voi esisterà davvero, lui i suoi sentimenti, la sua ironia. A voler distinguere tra parole utili e necessarie, io penso che questo libro ne contenga di indispensabili, e quando, e se, entrerà nella vostra vita, vi rimarrà nel cuore.

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4 Comments

  • Ho conosciuto Biondillo di persona ed è proprio uno bravo con la testa e con la tastiera, ci mette il cuore e si vede. Marco Vichi l’ho letto ma non ha fatto breccia, non che non sia bravo, ma ho dimenticato il suo romanzo ahimè. La rete è davvero lo specchio di ciò che c’è oltre lo schermo, anche se spesso lo schermo è un paravento, ricordi la sindrome parabrezza? Be’, me l’hai insegnato tu! 😀 Il terzo sembra una chicca.
    Bacione Happimmacolata.

    • Io di Vichi posso solo dire che è un autore che amo moltissimo! I temi, il modo in cui li tratta… non bisogna stancarsi di raccontare certe storie, sono d’accordo con lui. Be’ comunque sia la raccolta per me vale e molto.
      Lo schermo è un paravento come il parabrezza di una automobile, già. In rete come nella realtà, facciamo le stesse cose. Siamo le stesse persone. Nella vita di tutti i giorni siamo soggiogati dalla “desiderabilità sociale” (cerchiamo di apparire tutti molto meglio di ciò che siamo) in rete pure. Cambia il “luogo” ma noi siamo sempre noi!
      E il terzo? Una meraviglia! (Lui è un grande poeta, lo consiglio caldamente).
      Bacio!

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