Dialogo nel Buio è un percorso che si compie in totale assenza di luce, accompagnati da esperte guide non vedenti. Un viaggio di oltre un’ora nella completa oscurità che permette di sperimentare un nuovo modo di “vedere”.
Chiudete gli occhi. Apriteli. Una bella differenza, vero? Ieri sera anche se li avessi tenuti spalancati, non sarebbe cambiato nulla. Ero al buio.
Per un’ora mi sono infatti avventurata (insieme con altri cinque “viaggiatori”) in diversi ambienti a me del tutto sconosciuti grazie a una voce-guida che mi ha mostrato – e lo dico per davvero – il mondo con i suoi occhi. Un mondo che per sottrazione addiziona. Una strana operazione, lo so, ma tolta la luce, emerge un arcobaleno sensoriale che spesso ignoriamo.
Si tratta di Dialogo nel Buio, una mostra/performance/percorso ospitata nella sede dell’Istituto dei Ciechi di Milano. Il viaggio prevede una guida esperta, non vedente, cui ci si affida per sperimentare una realtà a tratti terrificante, data la totale mancanza di punti di riferimento. La nostra guida, Claudia – grazie, mi hai davvero dato fiducia – ci ha accompagnati in diverse stanze che riproducono situazioni reali (non vi dico troppo, in caso voleste provare, cosa che vi consiglio di cuore). Nulla di pericoloso. Ma al buio tutto appare pericoloso.
Non ci si tiene per mano, si segue il suono della voce e ci si affida al bastone. La prima sensazione? Per me è stata una certa oppressione, come se il soffitto fosse basso e lo spazio angusto. Poi si sforza la vista – viene automatico – a caccia di un piccolo indizio, di una forma. Tocca spezzare le abitudini, rinunciare, meglio chiudere gli occhi. Si sta immobili, ogni passo è incerto e il bastone invece di aiutare, intralcia. Ma dopo la sottrazione, ecco l’addizione: il buio non è il vuoto, il buio è pieno di stimoli. Così si mettono alla prova gli altri sensi che, immediatamente, si attivano per compensare. Il percorso prevede infatti di toccare, annusare, ascoltare… ed è una occasione per sperimentare le proprie forze e debolezze sensoriali.
Io ho dita cieche. Incapaci di ricostruire i dettagli, di fornirmi la benché minima indicazione sull’oggetto che ho per le mani. È una sensazione spaventosa, come se il mondo là fuori fosse incomprensibile. Con il gusto va meglio e ancora meglio con l’olfatto. Ma nel mio corpo sono le orecchie a comandare. E il buio (udite udite) ha il pregio di disinnescare la mia logorrea: sto zitta e ascolto. Il suono cambia quando ti avvicini a una parete, ha un colore diverso per ogni sfumatura emotiva, dà importanti informazioni sulla prossemica e pura sulla mimica. Se sorridi, mentre parli, si sente. Ed ecco che la folla per me non è una faccenda facile da gestire: sul finale abbiamo infatti brindato tutti assieme, ovviamente al buio. E in quel caos di voci mi sono sentita persa.
Posso garantirvi che è incredibile affidarsi a una persona che non vede, persona che pareva farlo benissimo, che ha imparato i nostri nomi all’istante, sapeva individuarci nello spazio e ha trovato le parole giuste per liberarci dalla paura, per insegnarci a lasciarci andare, a fidarci di noi stessi in modo diverso. È vero, le risorse le abbiamo, alcune intorpidite altre del tutto disabituate a lavorare.
Perché ve lo racconto? Perché ho potuto vivere questa esperienza grazie a Stefania Nascimbeni e Valeria Merlini che, per sensibilizzare alla lettura, hanno pensato di organizzare uno speciale Dialogo nel buio. E così hanno coinvolto scrittori, giornalisti, produttori, editor (Federico Baccomo, Irene Cao, Eva Clesis, Carmen Fiore, Giuseppe Franco, Giovanni Gastel Jr, Francesca Lovatelli Caetani, Massimo Milone, Gianni Paolella, Roberto Rasia Dal Polo, Ilaria Sicchirollo, Lucia Tilde Ingrosso) e un ospite d’onore: Frederic Gebhard, non vedente, scrittore, attivista per la difesa dei diritti degli animali.
Ciascuno ha portato in regalo un libro, una storia di carta o audio. (E io ringrazio Elisabetta Bucciarelli che è stata così generosa da affidarmi un suo racconto: “Nascita di Olga”). Perché i non vedenti leggono eccome! Grazie al braille, agli audiolibri o attraverso lenti di ingrandimento. Abbiamo insomma condiviso una passione e portato un piccolo dono fatto di parole ma il regalo, in effetti, ieri sera è stato fatto a noi. Perciò, grazie.
E se volete ascoltare il racconto letto da me (ahimè!) cliccate play.
11 comments
Questa esperienza, conosco diverse persone che l’hanno fatta, è nei progetti da anni. Sai quelle cose che in autunno ti dici “allora dialogo nel buio, questo e quest’altro” poi arriva l’estate tiri le somme e se hai fatto la metà delle cose è già un successo.
Sono certa che ti toccherebbe molto. Se riesci, infilala nei “da farsi al più presto”.
(Io arrivo ma dopo la tua mail quel “di una vita” impone delle riflessioni attenterrime)
Ecco, come fregarsi con le proprie mani, anzi la propria penna. Nessun problema, prenditi il tuo tempo, che poi i 3 giorni (e ci fregano St. Ambroeus) ti aspettano.
No, non ti sei affatto fregata. Hai tutta la mia attenzione, che è meglio (cit. puffo Quattrocchi).
Lunedì giornata da impegnare a Milano in attesa che finisca il concerto del figlio2 metallaro. Dove? indirizzo, orari, riferimenti. Grazie
Lunedì questo? Noooooo sono tra i monti? (C’è bisogno di prospettive verticali).
Ne avevo sentito parlare per radio e sembrava una cosa davvero interessante
Davvero, se ti capita, pure con i piccoli, merita davvero il tempo e le riflessioni successive.
Eh, sì, faccio un salto a Milano…
Quando saltate, avvisate! 😉
Ho fatto una cosa simile anni addietro e le tue riflessioni calzano a pennello. Per quanto mi riguarda poi ricordo di averla fatta da sola e di aver avuto una gran paura, senza voci vicine, da sola, in un percorso buio… Brrr
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