Chi ha bisogno di te – Elisabetta Bucciarelli

Chi ha bisogno di te – Elisabetta Bucciarelli

In questa storia ci sono una figlia, Meri, che è una adolescente, e una mamma, o meglio, Mamma, si chiama proprio così (ed è curioso che a prevalere sia il ruolo, perché è una mamma decisamente sui generis). Meri è una ragazza normale (da scrivere con la N maiuscola o tra virgolette), ama la musica, la scuola non è un problema, ha una amica del cuore… e che cosa vorrebbe Meri, quando la incontriamo? Innamorarsi. O forse solo capire qualcosa in più dell’amore: che sentimento o che emozione è? Le capiterà? Permetterà a se stessa di innamorarsi?

Vorrei innamorarmi. Perdere la testa. Dicono che si smetta di dormire, che passi l’appetito. Si dimagrisce senza nemmeno accorgersi. Deve essere grandioso dimenticare gli appuntamenti, le chiavi, gli oggetti. Non riesco a immaginare come si possa stare in preda a quell’allegria diffusa che ti trasforma in una creatura adorabile. Vorrei poter contemplare almeno una volta le ragion ignote della felicità.

E si sa, quando ti fai una domanda, la vita trova spesso il modo di fornirti una risposta. Ed ecco che Meri comincia a ricevere dei messaggi anonimi. Non si tratta di sms o di una chat su WhatsApp. Sono messaggi scritti a penna, come quelli di una volta, e sono dei biglietti anonimi.

Comunque se osservo da fuori non mi pare che l’amore sia questa gran cosa. Passare da uno stato di totale mancanza di controllo a una depressione con tragedia finale. Perché poi si sa che finisce tutto e su quella finisce tutto e su quella fine si gioca quasi sempre il tempo più lungo della storia. Te la trascini più di quanto è durata. Questo lo dico perché in effetti qualcosa di simile all’innamoramento mi è capitato. Ma si tratta di musica e quindi non crea un vero e proprio precedente.

Chi li scrive? Perché? Mentre Meri va a caccia di una verità e si concede il lusso delle emozioni, parla con sua madre. E le due hanno un modo specialissimo per comunicare, una sorta di linguaggio codificato perché la Mamma parla a Meri usando i testi, i titoli delle canzoni di un gruppo musicale. I Queen. Forse perché l’amore (la vita) è una faccenda complicata e servono parole semplici – non facili – parole che risuonino con chiarezza. E quelle dei Queen sono perfette perché “c’è tutto quello che serve per farsi una idea”.

In realtà da quando sono nata, lei mi spiega la vita con i testi delle canzoni. Niente parabole, sermoni, menate. Sparisce nel suo studio, sceglie una musica e me la fa ascoltare, vinile o Cd, iPod, YouTube, dipende. Cerca il testo sul web, lo stampa e me lo appoggia sulla scrivania, poi aggiunge qualche parola sua. A volte anche niente, il brano è già sufficiente.

Questo è un romanzo di parole, di musica. È un romanzo che ha un ritmo tutto suo, ce l’hanno i pensieri della protagonista, i botta e risposta con sua madre. I punti interrogativi persino. Ed è un romanzo di formazione sentimentale. Meri sta compiendo l’impresa di crescere; significa fare i conti con il rapporto simbiotico che ha con sua madre, affrontare le proprie paure, i ricordi dolorosi – di uno di questi porta i segni sulla pelle – e fare soprattutto i conti con suo padre.

Elisabetta Bucciarelli ha scelto di entrare nella testa e nel cuore di una adolescente (che non ha alcun bisogno di essere ribelle per catturare la nostra attenzione) e di una madre molto lontana dallo stereotipo. Una donna che crea (scrive), che vive (ama) anche se spesso si sottrae – parla poco, mangia poco – ma non smette mai di esserci per sua figlia e di comunicare con lei.  Lo fa senza complicazioni, lo fa scegliendo la semplicità delle parole di altri e anche attraverso i semi e le piante che accudisce e che sono uno specchio dei legami (rami da recidere, creature da esporre alle intemperie o da proteggere) e dei conflitti che vive.

Crescere è uno strappo, una coperta troppo corta per proteggerti del tutto. È guardare qualcosa che non conosci, provare una fitta nuova e sentire brividi di paura che alle volte danno piacere. Accudire è tutto questo visto dalla prospettiva opposta. E questo libro abbraccia entrambe. Una storia da leggere e da ascoltare perché “passerà dai labirinti speciali delle orecchie che sono segreti e poco frequentati”.

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3 Comments

  • Che bella storia! Ho una figlia di 12 anni: sento che entrambe le prospettive potranno coinvolgermi. Grazie

  • Grazie Chiara!

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