Il prato bianco – Francesco Scarabicchi

Il prato bianco – Francesco Scarabicchi

Francesco Scarabicchi per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli, che questa volta ci racconta dove va a finire il bianco quando la neve si scioglie…

l prato bianco - Francesco Scarabicchi - Einaudi
Autore: Francesco Scarabicchi
Casa editrice: Einaudi
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Porto in salvo dal freddo le parole,
curo l’ombra dell’erba, la coltivo
alla luce notturna delle aiuole,
custodisco la casa dove vivo,
dico piano il tuo nome, lo conservo
per l’inverno che viene, come un lume.

Dove va a finire il bianco quando la neve si scioglie?
Questa citazione è attribuita a Shakespeare e, al di là del romanticismo che contiene, oggi mentre nevica, mi ha fatto pensare a Francesco Scarabicchi, poeta anche lui.

La mente va alle cose che si esauriscono. Per esempio la fine del vento, l’ombra dopo che il sole è tramontato, le onde quando il mare è in bonaccia. Forse si tratta di momenti capaci di ritornare oppure no. Ma certi pensieri che spariscono dopo averli composti e, non c’è niente da fare, siamo incapaci di recuperarli, dove sono andati a finire? Un nome che non pronunciamo più, perché chi lo porta non è con noi, irraggiungibile per diversi motivi, resta lì, sospeso, inattivo. Il suono delle campane, dove va a nascondersi? Ma anche l’odore della pelle amata, del bosco, del sonno…

Dove cade la pioggia, c’è la luce di ottobre che finisce. Dove finisce? E tornerà mai uguale, quella pioggia di quel momento, che cadeva con quel tramonto o senza, e le nuvole di quella forma o quel cielo terso? E la luce di ottobre è la stessa di tutti gli ottobre?

Avere cura delle cose che si esauriscono è un’arte. Non è solo aspettare che giungano al termine per liberarcene, è stare in quell’esaurimento, domandarci dove è finito ciò che è normale che finisca.

Si è consumata una storia d’amore, porto con me il suo nome, un oggetto, una canzone. Lo trasformo in luce o in suono. Ho cura dell’esaurirsi di noi così tanto da riutilizzare le parti avanzate. C’è un modo ecologico per trattenere anche il sentimento che è stato, come se fosse l’ultima presenza della cioccolata sul fondo del barattolo.

Credo che si possa fare. O almeno, proviamoci.

Il prato bianco, di Francesco Scarabicchi, l’ho comprato da Kindustria a Matelica. L’autore è di Ancona, tra le sue poesie parole che hanno pre-visto, tipiche dei visionari.

Non c’è ancora nessuno.
Le stoviglie sul tavolo,
le sedie.

Francesco Scarabicchi è nato nel 1951 ad Ancona, dove vive. Ha pubblicato il suo libro d’esordio nel 1982: La porta murata, con introduzione di Franco Scataglini (Residenza), a cui sono seguiti Il viale d’inverno (l’Obliquo 1989), Il prato bianco (l’Obliquo 1997), Il cancello 1980-1999 (peQuod 2001), L’esperienza della neve (Donzelli 2003), Il segreto (l’Obliquo 2007), Frammenti dei dodici mesi, con quattordici foto di Giorgio Cutini (l’Obliquo 2010), L’ora felice (Donzelli 2010), Nevicata, con venticinque acqueforti di Nicola Montanari (Liberilibri 2013), con ogni mio saper e diligentia – Stanze per Lorenzo Lotto (Liberilibri 2013), Non domandarmi nulla, traduzioni da Machado e García Lorca (Marcos y Marcos 2015). Einaudi ha ripubblicato Il prato bianco (2017). La bio è tratta dal sito di Einaudi.

La foto di Francesco Scarabicchi è di Vincenzo Cottinelli.

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