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QUELLO CHE NON ABBIAMO ANCORA CAPITO DEI MASCHI di Micheal C. Reichert, traduzione di Paolo Poli, Feltrinelli
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Quello che non abbiamo ancora capito dei maschi – Micheal C. Reichert

I ragazzi di oggi sono in crisi e sono esposti a pressioni estreme. Per generazioni strampalate teorie basate sulle ipotetiche differenze di genere ci hanno detto che i maschi sono maschi, quindi sono più esuberanti, sono meno emotivi ed empatici, sono più agitati…

A casa, in famiglia, a scuola si sono confrontati con figure che temevano di minare la loro “mascolinità” e così ci sono state madri e, soprattutto, padri che hanno fatto di tutto per irrobustire questa idea di maschile: l’uomo deve essere forte, un uomo non piange, smettila di fare la femminuccia…

Ed eccola qui, la trappola del conformismo. Ma oggi i modelli sono cambiati, non esiste più quest’uomo tutto d’un pezzo, è uno stereotipo anacronistico e dannoso. Essere forti non significa essere duri, né rozzi.

Ma i ragazzi sono confusi, non sanno da che parte stare. Cercano di essere autentici ma le pressioni che subiscono possono portarli a fingere e a rifugiarsi in quella mascolinità sbandierata, in quelle norme maschili convenzionali che li rendono più infelici e ansiosi. E questi ragazzi che, intrappolati nella scatola del maschile, esibiscono la mascolinità per tutelarsi, per trovare il proprio posto nel mondo sono anche quelli più esposti ad atti di bullismo e alle molestie sessuali.

Oggi siamo più consapevoli e non cediamo alle banalizzazioni delle differenze di genere: oggi sappiamo che l’esperienza è la biologia. Il modo in cui trattiamo i ragazzi modella il loro comportamento e forgia il loro cervello.

E quindi non possiamo non farci delle domande sugli incidenti di percorso che caratterizzano l’adolescenza (aggressività, abbandono della scuola, uso di stupefacenti) sul perché le morti accidentali riguardino più i maschi, sugli effetti dell’uso della pornografia, sul tasso di suicidi…

Un bambino che si sente “amato” e “accudito” è in grado di resistere meglio alle pressioni e di riprendersi dalle avversità.

L’educazione basata sul dogma, sulla punizione, sulla coercizione deve essere sostituita da un modello di disciplina basato sull’ascolto, sul contatto e la comunicazione. Il che non significa assenza di regole ma vuol dire assenza di aggressività. L’urgenza, adesso, deve essere quella di ascoltare i ragazzi e sostenerli, perché i giovani che si sentono al sicuro diventano uomini più forti.

È necessaria, quindi, una alfabetizzazione emotiva. È necessario ricordarsi che i ragazzi hanno una natura relazionale e che se i modelli sono involontariamente quelli di una mascolinità tossica, saranno adulti infelici. E pericolosi.

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