Elisabetta Bucciarelli: un innamoramento corrisposto

Elisabetta Bucciarelli: un innamoramento corrisposto

La storia di un esordio ce la racconta Elisabetta Bucciarelli. Scrittrice e sceneggiatrice, collabora con testate di cinema, arte e psicologia. Tra i suoi romanzi: Io ti perdono (Kowalski), Ti voglio credere (Kowalski, Premio Scerbanenco 2010 per il miglior noir italiano), Corpi di scarto (Verdenero), L’etica del parcheggio abusivo (Feltrinelli), Dritto al cuore (edizioni e/o). Ha pubblicato anche i saggi: Le professioni della scrittura (Il Sole 24 Ore) e Scrivo dunque sono (Ponte alle Grazie).

Oggi volevo parlare d’amore e allora ho pensato a te. Perché il mio esordio c’entra con l’amore, per la scrittura, certo, certo, ma soprattutto per l’amore. In principio fu il teatro e io sono una ventenne innamorata. Il testo era il saggio di fine anno alla Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, titolo: Forte come un toro. (A proposito di modelli maschili, che tu sai in questo periodo mi interessano molto, la battuta migliore era: Ma chi l’ha detto che un toro è forte?)

Copione scritto a macchina con una Valentina grigia, parole recitate da Angelo Pireddu, all’aria e al pubblico, per la regia di Michele De Vita Conti. Uno stato di grazia potente come un innamoramento corrisposto, appunto.

Da quel momento in poi inizia la gavetta. Scrivo tanto, continuamente, sempre. Sceneggiature e testi teatrali, per almeno dieci anni a titolo gratuito e, nel frattempo, nella vita vera, divento giornalista pubblicista lavorando sia in redazione a Riza Psicosomatica sia come collaboratrice per un discreto numero di quotidiani, mensili e settimanali. Scrivo di tutto, dalle recensioni agli articoli di costume, dalle diete ai pezzi di cultura.

Lavoro con la scrittura, intervisto, faccio editing, titolo, ma non posso inventare. E la mia anima si ribella. Quindi inizio a comporre racconti e a spedirli rigorosamente in copia cartacea a concorsi che mi sembrano seri, se non altro per gli enti organizzatori: quotidiani e riviste. Vinco cose varie: trenta libri, statuine di materiali diversi, targhe con il nome scritto sbagliato (di solito mi chiamo Elena altre volte Eleonora), svolto con un paio di Levi’s 501 (bellissimi) che mi stanno benissimo. Un racconto di Natale pubblicato su “la Repubblica”, un altro su “il Giornale” (ancora non so il peso che questi due raccontini avranno sulla mia strada narrativa… ma questa è un’altra storia, se la vorrai ascoltare).

Nel frattempo arriva l’idea per un romanzo. Lo inizio e lo finisco, poi lo stampo, lo fotocopio e lo rilego in sette copie (sette è il mio numero, doppia t come Elisabetta e attesa). Quindi, poiché non conosco nessuno nel mondo dell’editoria, lo imbuco nella casella della posta (sia per la città, sia per altre destinazioni) indirizzandolo a (ovviamente) sette editori. Dopo un anno, quattro non rispondono. Non li sollecito. Tre sì. Il primo, una donna, mi scrive una bellissima lettera dove mi comunica che, nonostante l’idea e la lingua siano interessanti, non pubblica esordienti italiani (ora vive di quelli). Il secondo mi telefona, e dopo complimenti mielosi mi chiede, con fare lupesco: “Cosa vogliamo fare?” aggiungendo che puntare su un autore esordiente “donna” (l’ha detto!!!) sarebbe stata un’impresa difficile. Dopo aver richiamato tutta la forza a disposizione, ho risposto: “Grazie, i suoi complimenti mi hanno davvero fatto piacere” e ho chiuso la telefonata. Ho un testimone (ero seduta al tavolino di un bar) che mi ha vista arrossire e poi sbiancare. Avevo necessità di essere “riconosciuta” da qualcuno capace, che sapeva, che faceva quel mestiere, non di auto pubblicarmi a tutti i costi.

Il terzo editore mi metteva al corrente che avevo superato la prima lettura, la prima di tre letture che sono state effettuate nel giro di un anno e mezzo. Sì, proprio così. Alla fine il libro è uscito e nel frattempo avevo vissuto e collezionato storie e parole nuove per raccontarle. Questo in sintesi. Aggiungo che l’esordio si ripete ogni volta, ogni libro, ogni scrittura. La stessa emozione e la stessa inquietudine e, tu lo sai bene, ogni volta si rischia, nulla è scontato, nemmeno la pubblicazione. Ma ne vale la pena, eccome. Quindi credeteci sempre, ma abbiate rispetto per il vostro lavoro e per i vostri sogni, prima di tutto.

P.S. Quell’editore a pagamento (a pagamento con gli autori italiani, perché gli stranieri, anche ottimi, li doveva comprare per pubblicarli), be’ dicevo, nel tempo, mi ha chiesto un libro… è successo dopo l’assegnazione del Premio Scerbanenco… ho sorriso. Ora ha chiuso. Peccato.

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6 Comments

  • Questa scrittrice mi pare di conoscerla 🙂

  • Ecco, io non la conoscevo. e conoscerla così è già un piccolo dono di Natale.
    A lei, e a te, Chiara, auguri!

    Grazia

  • Buon Natale Chiara, a te a ai tuoi lettori 🙂
    Liz

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