Sylvia Plath – Opere

Sylvia Plath – Opere

Sylvia Plath per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli che ci parla di ricordo, di speranza, di memoria e di attesa.

Sylvia Plath – Opere – I Meridiani
Autore: Sylvia Plath
Casa Editrice: Mondadori
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(…) Avvengono miracoli,
Se siamo disposti a chiamare miracoli
Quegli spasmodici trucchi di radianza. L’attesa è ricominciata,
La lunga attesa dell’angelo,
Di quella sua rara, rarefatta discesa.

È un frammento tratto dalla poesia La cornacchia nel tempo sospeso di Sylvia Plath. Fa parte di quei versi che cito a memoria, di solito bisbigliando, quando l’animo è alla ricerca dell’impronta di luce. Sì, perché a volte, la presenza non si vede ma la traccia sì. Un passaggio che ha la forma di un piccolo freddo sulla guancia che finisce subito. Porta con sé una voce, un profumo, un colore. C’entra con il ricordo ma anche con la speranza, con la memoria ma anche con l’attesa. Credo negli angeli e ho una fede selvaggia, per questo non mi sento mai sola, anzi. Per me avvengono continuamente miracoli e sono disposta a chiamarli così, ogni giorno, si trovano nel dettaglio, un gesto, uno sguardo, un ritorno, un’apertura. La sofferenza che termina il suo ciclo, un dolore che si spegne, la rabbia che scompare. Il male tramonta e torna il bene. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Non sono un’ottimista imbecille, piuttosto una realista piena di fiducia. Tradita, a volte, come capita a tutti, ma consapevole che il miracolo sta accadendo da qualche altra parte, per qualcuno. Sempre.

La ricerca senza tregua di un senso, di un amore, dell’Amore. E l’amore (in senso lato, preciso, metaforico e figurato), l’amore accade. Non è forse una specie di miracolo?

Ci servirebbe un dio che sapesse danzare, cantare, scrivere. Che unisse il sentire profondo degli uomini e rimettesse in gioco l’idea di collettivo, un coro di angeli umani, fare e pensare insieme. Ci servirebbe un pensiero sempre luminoso, mai di morte, mai di fine. Un pensiero elegante che significa distinto e non imitabile. Un anti flame, l’argine all’odio (odiando si diventa brutti, somaticamente intendo).

L’attesa è ricominciata e ognuno ha la sua. Chi un lavoro, chi una relazione, chi un libro da scrivere, chi una canzone da comporre. Chi una casa da pulire, chi un articolo da scrivere. Chi un figlio da partorire, chi la propria vita da mettere in salvo. Per ognuno di noi ci vorrebbero le ali di un angelo a proteggere il delicato momento di tensione verso la vita. Ali umane, sarebbe bello che fossero anche troppo umane.

C’è un pensiero di Roland Barthes che mi ha cambiato il punto di vista, è questo: “Vi è un’età in cui s’insegna ciò che si sa; ma poi ne viene un’altra in cui s’insegna ciò che non si sa: questo si chiama cercare.” Noi siamo qui. Quello che sappiamo non ci serve per proseguire, adesso dobbiamo rimetterci a cercare. (Barthes ovviamente apre porte e mondi, basta avere un suo libro tra le mani.)

Il frammento di Sylvia Plath è tratto dall’esergo scelto da Lella Ravasi Bellocchio per il suo libro La lunga attesa dell’angelo. Le donne e il dolore, Raffaello Cortina.

Per cercare la poesia e leggerla interamente vi rimando invece a Sylvia Plath, Opere, I Meridiani. A questo link Amelia Rosselli parla di lei.

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