Pierluigi Cappello per “DiVersi, solo le cose inutili sono poetiche” di Elisabetta Bucciarelli che oggi ci propone un esercizio, c’entra la quiete e lo sguardo, e il silenzio.
Campo visivo
Mi piace l’espressione “campo visivo”,
con tutte le cose che ci puoi mettere dentro,
questa luce diversa che dà sul freddo, l’ombra
sulla soglia là, verso il cipresso puntellato,
o il retro di alluminio dello stop che è una luna
sulla strada, ci puoi mettere anche un mare
con tante barchette, come nei disegni dei bambini,
negli acquerelli dei principianti; sopra c’è il sole
l’azzurro passa calmo sotto le chiglie e tutto
e dappertutto è illuminato, puoi perfino uscire, se vuoi,
con le scarpe lucide, il colletto rigido, verso il giorno
di festa e dire papà portami dove non so.
Puoi coltivarci tutto quello che ti conforta vedere,
quanto c’è di buono e quanto c’è di inoffensivo
di qua le parole, di là la radice delle cose,
finché sale la pianticina, sale, e ti stringe il respiro.
Un corpo solido in stato di quiete
Ci sono momenti della vita in cui siamo come un corpo solido in stato di quiete. Stiamo fermi ma siamo anche carichi della nostra energia potenziale. Non costruiamo, non distruggiamo. Non ci confrontiamo nemmeno. Richiamiamo ogni cosa a un ordine, che ci permetta di concentrare il pensiero e l’azione. Pierluigi Cappello considerava il corpo fermo di per sé ambiguo, questo perché spesso non appare chiaro con certezza se lo stato di quiete sia dovuto a mancanza di forze o al tumulto delle stesse.
Mentre siamo così, un esercizio che si può fare è allargare il campo visivo. Ma anche stringerlo o disattivarlo completamente. Da fermi, a volte, si mettono a fuoco persone e cose in modo limpido. Si osservano i silenzi e i moti, le sinergie e le distanze. Si cominciano a vedere le cose piccole, i dettagli, le scintille, le cose come stanno. Quelle al loro posto e quelle fuori posto. Poi certamente, qualche piantina arriverà a stringerci il respiro, ma altre, differenti e impensate, appariranno nel campo visivo, senza preavviso.
Nei campi sterminati di ciò che possiamo guardare ci sono angoli in cui si riesce a vedere davvero. Quelli in cui sembrerebbe ancora possibile coltivare il buono e l’inoffensivo. Parole e radici, che stanno nascoste per poter produrre senso e non si esibiscono, così come conviene alle questioni (e alle creature) profonde.
Lo stato di quiete, semplificando, è anche la riflessione necessaria quando non sappiamo bene come comportarci. C’è chi schiamazza, grida, si arrabbia e chi invece fa un passo sul posto, e un altro e un altro ancora. Sta zitto e pensa. Senza fare il fenomeno.
Pierluigi Cappello, Stato di quiete, Bur, l’ho comprato in una libreria Feltrinelli di Firenze.
Pierluigi Cappello è nato nel 1967 ed è vissuto a lungo a Chiusaforte (UD); ora vive a Tricesimo. Ha diretto la collana di poesia La barca di Babele, edita a Meduno e fondata da un gruppo di poeti friulani nel 1999. Ha pubblicato i seguenti libri: Le nebbie (1994), La misura dell’erba (1998), Amôrs (1999), Dentro Gerico (2002). Con Dittico (Liboà, Dogliani 2004) ha vinto il premio Montale Europa di poesia. Assetto di volo (Crocetti, Milano 2006) è stato vincitore dei premi Pisa (2006) e Bagutta Opera Prima (2007). Ha pubblicato la sua prima raccolta di prose e interventi intitolata Il dio del mare (Lineadaria, Biella 2008) nel 2008 . Nel maggio 2010 pubblica Mandate a dire all’imperatore (Crocetti, Milano 2010), col quale vince il premio Viareggio-Repaci. Rizzoli pubblica la sua prima opera narrativa nel 2013: Questa libertà ed in contemporanea anche la raccolta di tutte le poesie Azzurro elementare. Con Questa libertà vince il premio Terzani 2014. La bio è presa dal suo sito.