Uh, quanto è francese… ha un ritmo tutto suo nel modo di muoversi, di parlare. Con quel tono “un po’ così”, tra l’ironico e il piccato che, immediatamente, diventa familiare.
Lei, la bibliotecaria – nonché protagonista – e il suo monologo ti entrano nella testa (in realtà l’interlocutore c’è, e lo scoprirete).
All’inizio il suo sembra solo il cicaleccio di una zitella con la mania della catalogazione che fa un lavoro per cui “la libera iniziativa e gli imprevisti non sono contemplati”. Una che cerca solo di mantenere inalterato l’ordine dei propri libri.
E poi, invece, il chiacchiericcio regala un profluvio di imprevisti – gusti, critiche e punti di vista che non ti aspetti – di una che dice cose come: “Sapersi orientare in una biblioteca significa dominare l’insieme della cultura, quindi il mondo”.
Solo che alla nostra bibliotecaria non interessa granché governare il globo. È a caccia dell’amore questa donna matura e schietta. E non le importa neppure dell’aspetto del suo principe azzurro o del suo conto in banca; a lei serve solo un uomo intelligente.
Mi ricorda un po’ il personaggio della libraia del film C’è posta per te quando dice “molto di quello che vedo mi ricorda qualcosa che ho letto in un libro, ma non dovrebbe essere il contrario?”.
E, in effetti, si ha come l’impressione che tutta la vita che trabocca da questo personaggio sia vita per interposta persona, vita che arriva dalle pagine lette, dalle avventure vissute con gli occhi e non sulla pelle. Come se un libro fosse il posto ideale per ripararsi quando qualcosa, magari un amore, non è andato per il verso giusto.
È una minuscola e meravigliosa chicca questo romanzo (minimo il numero di pagine ma di grande peso specifico). Da tenere sul comodino, dentro la borsa, nella cassetta del pronto soccorso: per avere, a pronta presa, qualcosa di buono da leggere.
L’incipit
Si svegli! Che fa dorme? La biblioteca apre soltanto fra due ore, qui non ci può stare. È il colmo: adesso ci rinchiudono i lettori, nel mio seminterrato. A questo punto me le hanno fatte proprio tutte, qua dentro. È inutile che gridi, io non c’entro niente… Ma so chi è lei, lei lo conosce bene, questo posto. A forza di passarci le giornate a perdere tempo, doveva pur capitare che ci restasse di notte. No, non vada via, già che è qui mi dia una mano. Cerco un libro per quelli di sopra, L’esistenzialismo è un umanesimo, una roba di Sartre che hanno perso qui sotto. Lo cerchi sugli scaffali, grazie. Come? Non mi riconosce? Ma se lavoro in questo seminterrato tutti i giorni! Si direbbe quasi che sia trasparente. È il mio problema, non mi vede nessuno. Anche per strada, la gente mi urta e dice: «Oh, scusi, non l’avevo vista». La donna invisibile, sono la donna invisibile, la responsabile degli scaffali di geografia. Ma sì, ora mi riconosce, certo. Ah, eccolo, molte grazie, è veloce, lei. L’esistenzialismo è un umanesimo non ha niente a che spartire con il mio seminterrato, mica facciamo filosofia qui. Va bene per gli intellettuali del pianoterra. Così glielo restituisco, saranno contenti, che è parecchio che lo cercano di sopra. Come vede lei mi è utile. In ogni modo, non sono autorizzata a riaprirle le porte, bisognerebbe chiamare il servizio di sorveglianza, è troppo pericoloso. Certo che è pericoloso, sarebbe una cosa inaudita, una vera e propria novità! E poi non bisogna mai farsi notare in biblioteca. Farsi notare è disturbare. Resterà con me mentre preparo la mia sala di lettura. Ho altri libri da catalogare. Visto che è così efficiente, mi tiri fuori dagli scaffali di storia tutti i libri di geografia che ci hanno infilato i lettori. Su, e non brontoli: catalogare, riordinare, non disturbare, è tutta la mia vita.
La custode di libri, Sophie Divry, traduzione di Giusi Barbiani, Einaudi, p. 65 (10 euro)